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    US Open 2023: Djokovic riscrive ancora una volta la storia. Ventiquattresimo titolo del Grande Slam per lui.

    Djokovic b. Medvedev: 6-3, 7-6, 6-3

    “I limiti, come le paure, a volte sono solo un’illusione!”

    Così disse il leggendario Michael Jordan la sera del 12 Settembre 2009, quando venne insignito dell’ingresso nella Hall of Fame della pallacanestro.

    Tale assunto è assolutamente veritiero se applicato alla figura di Novak Djokovic, lo straordinario campione per il quale i limiti non esistono. Esistono solamente dei record da raggiungere e superare. Tutti i record, nessuno escluso!

    Venti anni fa i 14 trionfi slam del grande Pete Sampras sembravano virtualmente irraggiungibili. Ma vennero raggiunti e superati da sua maestà Roger Federer nel summenzionato 2009.

    Dieci anni or sono, Novak Djokovic era a quota 6 titoli del Grande Slam, e nessuno riteneva realisticamente che sarebbe stato in grado di raggiungere quelli che allora erano i 17 titoli major del campione elvetico, e anche i 13 titoli di Rafael Nadal del medesimo periodo apparivano come un traguardo assai impervio al quale riuscire a pervenire per lui.

    Da allora, da quelle affrettate previsioni, rivelatesi in seguito fallaci, il giocatore serbo ha più volte riscritto la storia, quadruplicando il numero di quei successi “Major”, e riscritto più volte la storia del tennis mondiale, settando nuovi e incredibili record, virtualmente irraggiungibili.

    Ieri, questo straordinario campione ha raggiunto un altro traguardo fino a poco tempo fa ritenuto impensabile. Quello di eguagliare i 24 titoli Slam della grande ex campionessa australiana Margaret Court, diventando in questo modo, in coabitazione con quest’ultima, l’essere umano con il maggior numero di tornei Major vinti nella storia del tennis, e con concrete possibilità in futuro di aumentare il già cospicuo bottino.

    Nella finale dell’edizione 2023 degli US Open, Djokovic non ha concesso alcuna chance al suo avversario, il russo Danil Medvedev, numero tre della classifica mondiale, che due anni fa gli aveva invece impedito il successo proprio nell’atto conclusivo del torneo newyorchese, precludendogli la possibilità di ottenere il Grande Slam (la vittoria di tutti i tornei Major durante l’anno solare, conseguimento riuscito l’ultima volta al grandissimo Rod Laver nel lontano 1968). Questa volta invece, non vi erano pressioni psicologiche particolari a limitare l’azione tecnico-tattica del campione di Belgrado, il quale ha sostanzialmente dominato il match, controllando con grande intelligenza strategica, anche quei momenti della partita nei quali sembrava che le sue energie fisiche potessero vacillare.

    Il confronto è iniziato con un Djokovic particolarmente aggressivo da fondocampo (molto più che nelle precedenti partite), in particolare con il dritto. Tale elemento ha senz’altro sorpreso il giocatore russo, il quale non è riuscito quindi a plafonare fin dai primi scambi la partita su ritmi di gioco a lui congeniali, ed è stato determinante per far conseguire a Djokovic un break di vantaggio già al secondo gioco del primo parziale. Il serbo, molto più verticalizzante del consueto verso la rete, aveva buon gioco a difendere i propri successivi turni di battuta, senza concedere alcuna palla del contro break e chiudendo il primo set a proprio appannaggio con il punteggio di 6 giochi a 3.

    Nel secondo parziale la reazione di Medvedev non si faceva attendere, e si concretizzava in una migliore difesa dei propri turni di servizio, e in una contestuale maggiore solidità nel palleggio da fondocampo. Questo, unito ad un lieve calo della spinta di Djokovic, il quale in questa fase sembrava più attento a difendere i propri turni di battuta, piuttosto che ad incidere su quelli dell’avversario, facevano si che il russo non solo riuscisse a stare maggiormente in partita, ma anche che riuscisse a procurarsi un paio di importanti occasioni che, se concretizzate, avrebbero forse permesso al giocatore moscovita di invertire la tendenza generale della partita. La prima era una palla break all’ottavo game, sul punteggio di 4-3 in favore di Medvedev, annullata da Djokovic con un coraggioso quanto pregevole serve & volley concluso da una deliziosa demi-volèe di dritto nonostante un’insidiosa risposta lungolinea di rovescio da parte del moscovita. Ma era la seconda la possibilità più importante, e certamente, la fonte di maggior rimpianto per Medvedev alla luce dell’esito finale della partita. Sul punteggio di 6-5 in proprio favore, su servizio di Djokovic, infatti, il russo riusciva a procurarsi un set point. Sfruttando la posizione particolarmente arretrata di quest’ultimo in risposta, Nole optava anche stavolta per effettuare uno schema servizio e volée. Tuttavia, nonostante una buona prima di servizio centrale da sinistra, la volée di rovescio giocata dal campione di Belgrado risultava troppo profonda e poco incisiva e questo consentiva a Medvedev di arrivare sulla pallina con relativo agio e provare a piazzare il passante con il rovescio. La traiettoria lungolinea sarebbe praticamente spalancata, e quasi sicuramente, visto il posizionamento sulla rete, Djokovic non sarebbe in grado di andare a coprire in tempo quella porzione di campo, e di conseguenza il colpo di Medvedev. Quest’ultimo però, commettendo un grave errore di valutazione, optava inspiegabilmente per giocare il passante su una traiettoria incrociata, e ciò consentiva a Djokovic, rimasto su quella traiettoria, di chiudere facilmente il punto con un’altra volée di rovescio, stavolta ben più facile. Era un errore capitale. Scampato il pericolo, Nole riusciva a portare le sorti del secondo parziale al tie break, che riusciva a conquistare per 7 punti a 5, portandosi così avanti per due set a zero.

    Nel terzo parziale, Djokovic, oramai in pieno controllo della partita, sembrava ritrovare l’incisività e la potenza da fondocampo dell’inizio della partita, e sfruttando anche qualche errore di troppo da parte del suo avversario, riusciva a strappargli il servizio al quarto game. La reazione del russo non si faceva attendere, e si concretizzava in un immediato contro break nel game successivo. Un nuovo break conseguito da Djokovic nel gioco seguente, indirizzava definitivamente la partita in favore di quest’ultimo. Il campione serbo, infatti, non concedeva più alcuna palla break al suo avversario, e chiudeva la partita in suo favore, con il punteggio di 6-3, 7-6, 6-3 dopo tre ore e diciassette minuti di gioco, conquistando così il suo quarto titolo nel torneo newyorchese.

    Bella la cerimonia di premiazione, con il trofeo del torneo che è stato consegnato al serbo dal grande Andy Roddick, ex numero uno del mondo, e ultimo statunitense a vincere un torneo del Grande Slam, proprio lo US Open, nel 2003. Appunto per omaggiare il ventennale di quel successo, è stato chiesto ad A-Rod di premiare il vincitore di questa edizione. Simpatico il “siparietto” con il quale la presentatrice della cerimonia, al fine di sottolineare l’estrema longevità agonistica (e ad altissimi livelli) di Djokovic, abbia ricordato come lo stesso Andy, un tennista contro il quale il serbo ha giocato più volte (e uno dei pochissimi ad avere contro di lui un computo degli scontri diretti favorevole), si fosse già ritirato da ben 11 anni. Una piccola curiosità infine: per una casualità del destino, il punteggio con il quale Djokovic ha battuto Medvedev è stato il medesimo con il quale il summenzionato Roddick ebbe la meglio sullo spagnolo Juan Carlos Ferrero nella finale dello US Open 2003. Corsi e ricorsi della storia.

    Una storia che Novak Djokovic ha intenzione di arricchire ulteriormente nel prossimo futuro, questo è certo!

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